L’Ortodonzia è una specialità dell’odontoiatria che studia le anomalie della posizione, costituzione e sviluppo dei denti e delle ossa mascellari.
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Nei testi religiosi israeliti non mancano, anzi ricorrono frequentemente, regole, allusioni e aneddoti di carattere medico. Anche nei documenti riguardanti la vita del popolo ebraico non è difficile isolare un insieme di nozioni che costituiscono una vera e propria medicina ebraica.
I libri più antichi costituiscono la Bibbia e sono stati raccolti in quello che il cristianesimo chiama Antico Testamento.[1] L'igiene e la medicina ebraica nei testi sacri Le conoscenze ebraiche, tramandate oralmente dai rabbini tra il II secolo a.C. e il II secolo d.C., furono invece raccolte in un codice detto Mishna, cui si aggiunse la Gemara, commento scritto tra il II e il V secolo. Entrambi questi testi formano il Talmud, rispettivamente palestinese e babilonese. Quest'ultimo è il più completo e il più noto. Altri testi ebraici non medici ma contenenti interessanti nozioni di medicina sono: la Tosefta e il Midrashin, ossia l'interpretazione e il commento rabbinico al testo delle Sacre Scritture, in cui si distinguono tre grandi categorie: i commenti ai testi giuridici della Bibbia (halakhah); i commenti riguardanti principalmente le profezie (pesher) e le composizioni letterarie di riflessione e di commento al Pentateuco (Midrashin).
Il contributo più importante alla medicina ebraica è comunque apportato dal Talmud, in quanto contiene nozioni ignote sia alla medicina greco-romana che perfino a quella araba. La medicina biblica e talmudica è stata studiata, insegnata, analizzata e sviluppata unicamente dai talmudisti e solo secondariamente dai medici ebrei. Dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. i talmudisti si dedicarono all'insegnamento, oltre che della Bibbia e del Talmud, anche dell'arte veterinaria, dell'olocausto rituale, dell'esame delle carni e della medicina.
La medicina ebraica nell'antico testamento
Nella Bibbia è riconosciuto al medico il diritto di guarire, e soprattutto nell'Esodo è ben specificato come “Colui che abbia ferito qualcuno ha l'obbligo di farlo curare” distinguendo chiaramente il diritto e perfino l'obbligo di guarire. In questi testi l'importanza e il ruolo del medico sono sottolineati dalla sua facoltà, nel prescrivere le cure da lui ritenute necessarie, di trasgredire la legge alimentare e perfino di violare il sabato. Sono addirittura ammessi amuleti, ma solo se indispensabili per la guarigione.
Nell'Ecclesiaste viene data enfasi al ruolo del medico, il quale deve essere onorato perché Dio lo ha creato affinché ci si possa servire di lui. La scienza del medico lo eleva tanto da farlo stare al cospetto dei grandi.
Tuttavia, nel medioevo alcuni rabbini, ponevano restrizioni al diritto di guarire, affermando che l'autorizzazione a guarire concessa dal testo biblico riguardasse unicamente ferite e traumi corporali di origine esogena.
Nei testi biblici e talmudici il ruolo del medico è chiaramente delineato nonostante sia chiaro che la malattia viene dall'alto: “se tu darai ascolto alla voce del Signore tuo Dio e farai ciò che è retto ai suoi occhi, se tu presterai orecchio ai suoi ordini e osserverai tutte le sue leggi, io non ti infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitte agli egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce!” (Esodo 15,26).
Tra i primi "medici" citati nella Bibbia troviamo gli schiavi egizi ai quali Giuseppe incarica di imbalsamare il corpo di suo padre Giacobbe. Tutta la medicina ebraica è strettamente connessa al concetto di infezione e contagio, da cui deriva la moderna definizione medica di Igiene. In merito a ciò una particolarità importante che si evince dai testi sacri è che l'esame delle persone affette da malattia della pelle, da eruzioni e lebbra non spettava al medico ma era praticato dai sacerdoti. Tuttavia ad essi non veniva affidata una funzione terapeutica come presso gli altri popoli dell'antichità, presso i quali la medicina era praticata nei templi dagli stessi sacerdoti. Ciò è evidente analizzando un brano del Levitico dove si legge che per curare un sacerdote dopo una crisi di epilessia venne chiamato un medico e non un altro sacerdote. Anche Salomone diede un contributo importante alla medicina mediante la stesura di un Libro delle droghe che purtroppo fu in seguito distrutto.
Successivamente a Salomone alcuni profeti dimostrarono di possedere un incontestabile sapere nel campo della medicina: a tale riguardo va ricordata la guarigione di una bambina colpita da morte apparente praticata da Eliseo, in modo tale che può essere considerata la prima guarigione con metodo bocca a bocca, attualmente assai diffuso (anche se evoluto) nell'ambito del BLS-D. Anche la guarigione del re Ezechia risanato da un ascesso per intervento del profeta Isaia, rappresenta un fatto molto importante da un punto di vista medico.
Nonostante la figura del medico, un ruolo molto importante nella cura del paziente è affidato alla preghiera, considerata addirittura necessaria affinché il malato possa ottenere una guarigione: infatti sia il malato, che i suoi familiari e perfino i suoi vicini devono pregare ed eventualmente digiunare Nell'Antico Testamento si citano varie leggi e rituali relative alla salute, come per esempio la quarantena delle persone infette (Levitico 13:45-46), lavarsi dopo aver manipolato i corpi dei defunti (Numeri 19:11-19) e il sotterramento degli escrementi lontano dagli alimenti (Deuteronomio 23:12-13). Gli obblighi includono: la profilassi, la soppressione delle epidemie, la soppressione delle malattie veneree e della prostituzione, la cura della pelle, i bagni, l'alimentazione, l'alloggio, l'abbigliamento, la regolazione del lavoro, della sessualità, la disciplina, etc. Molti di questi obblighi hanno una base razionale come: il riposo del Sabato, la circoncisione, le leggi relative all'alimentazione (proibizione del sangue e del maiale), le misure precauzionali relative alle mestruazioni, alle partorienti, agli infermi di gonorrea, all'isolamento dei lebbrosi e all'igiene della casa. È il miglior esempio della concezione teurgica (tecnica che ricerca il contatto con la divinità attraverso pratiche vicine alla magia) della medicina. La medicina ebraica nel Talmud Nel Talmud ricorre spesso il termine rophé, che deriva da rapo, che significa calmare, placare, ma anche sapere. A differenza di quanto avviene oggi, è abbastanza chiaro che la medicina, all'epoca, si potesse praticare senza avere il titolo di medico, così come portare questo titolo non impediva l'esercizio di un altro mestiere. Nel Talmud sono minuziosamente descritti differenti tipi di medici: Un medico Ebreo con il tradizionale vestito - il rophé: il medico generico che fa un po' di tutto. - il rophéoumann: il medico qualificato assunto dalle autorità. Il termine oumann significa “artista nell'arte di guarire”, o qualora lo si facesse derivare dal termine emouna (fiducia) è il medico di fiducia come presso i romani. - il rophémoumhé: il medico specialista, di cui però non si conosce la specialità. - il rophénéeman: il medico di fiducia in servizio presso il tribunale, in quale non può essere condannato neanche se commette un errore professionale. I medici dell'epoca godevano di una certa libertà, infatti, nonostante la profanazione del riposo del sabato fosse considerata il peccato più grave, tanto da meritare la pena capitale, in quel giorno a loro era consentito di curare un malato grave o in pericolo di morte. Nei testi sacri sono presenti anche altre figure che gravitano nell'ambiente medico. Le più importanti probabilmente sono le levatrici. Ad esse viene attribuito un ruolo fondamentale nell'epoca della schiavitù in Egitto in particolare quando il faraone ordina loro di uccidere tutti i bambini ebrei maschi al momento della nascita. Esse sono chiamate nel Talmud con il nome di Shiffrache che deriva dal termine scafar (pulire il bambino) e puah (bisbigliare parole alla partoriente per aiutarla, per infondere coraggio durante il parto). Nell'epoca mishnaica la levatrice assume invece il nome di hakamache che significa saggia. Anche per esse sono previste speciali deroghe in caso di parti nel giorno del riposo sacro. Altro termine frequentemente utilizzato, in particolare tra il II e V secolo, è hayya (hayyatain aramaico), con il quale si indica una levatrice ma anche la partoriente. Nella Mishnatale il termine è impiegato per indicare una levatrice che ha visitato una donna il cui bambino è morto durante il parto. Altre figure con un ruolo importante e ben delineato sono quelle dei barbieri, che possono essere assunti alla professione di infermieri moderni, i quali dovevano occuparsi delle medicazioni. Non mancano figure ambigue quali i ciarlatani e i guaritori, che approfittavano della situazione facendosi passare per medici. Essi sono chiamati nei testi sacri samardaki, che vuol dire buffoni. Nei testi sacri è inoltre delineata un'altra figura molto importante rappresentata dal veterinario. Addirittura alcuni di essi erano salariati presso il tempio, con il compito di esaminare l'integrità degli animali offerti dai fedeli.
Le leggi alimentari
In tutti i testi sacri ebraici si nota la grande importanza che gli ebrei danno alle leggi alimentari. In particolare con Mosè il rispetto della vita troverà un'applicazione nelle leggi alimentari grazie alla distinzione tra animali “puri” ed “impuri”; ciò consentì di eliminare dal consumo un elevato numero di animali in grado di provocare gravi malattie per infezione microbica o virale o per possibili reazioni allergiche (crostacei, mitili, ostriche, eccetera). Fra gli animali non permessi vi è anche il maiale, capace di trasmettere parassitosi, tuttavia, da quello che si evince nei testi sacri, il divieto mosaico è di ordine superiore, divino, religioso, e non è connesso a nessun principio medico-igienico. Alla base delle leggi alimentari mosaiche sta una nozione ignorata dalla letteratura medica degli altri popoli, alla quale questi pervengono solo in epoca moderna: si tratta della nozione di consumabile (kascher) e consumo vietato (terepha). Qualsiasi animale affetto per dodici mesi da una malattia incurabile era considerato vietato, e proprio per questo, prima dell'abbattimento, veniva esaminato; se non risultava affetto da alcuna malattia, veniva abbattuto secondo il rituale. L'abbattimento consisteva nel taglio netto, rapido, senza premere né perforare, dei vasi del collo. Prima dell'utilizzo la lama del coltello doveva essere esaminata, poiché la minima intaccatura rendeva imperfetta l'operazione, con la conseguenza che la carne dell'animale non poteva più essere consumata, perché impura. Tutt'oggi tale metodo di abbattimento ebraico è ancora praticato. Il taglio dei vasi del collo provoca un'emorragia che in pochi secondi uccide l'animale senza farlo soffrire, sicché si può evitare di stordirlo o di sottoporlo ad anestesia (vietata poiché lo stordimento provocherebbe sofferenza all'animale, mentre il trauma cranico o lo shock elettrico provocherebbe spasmi vescicolari cerebrali e un'imperfetta eliminazione del sangue). Dopo l'abbattimento la carne dell'animale viene esaminata da un esperto o un'altra persona a conoscenza delle leggi. Ciò ha rappresentato il primo esame anatomo-patologico macroscopico che si ricordi nella letteratura veterinaria. L'ispezione consiste nella ricerca di una lesione, perforazione dello stomaco o dell'esofago, o di un ascesso polmonare. Si ricercavano inoltre i gangli sospetti (presenti negli animali tubercolotici), le eventuali fratture delle costole o delle membra non diagnosticate prima dell'abbattimento e prodotte al momento della legatura delle membra e del capovolgimento dell'animale, operazione necessaria per immobilizzarlo. In tutti i casi descritti l'animale non poteva essere consumato.
L'igiene e i contagi
La medicina ebraica si distingue particolarmente per i principi profilattici, volti ad impedire il propagarsi della malattia a livello sia individuale che collettivo. L'esercizio della medicina preventiva non spettava al medico ma ai sacerdoti e ai leviti, i quali esaminavano i malati affetti da un'infezione della pelle chiamata, propriamente o no, lebbra, o semplicemente dermatosi. Il sacerdote, dopo aver esaminato il malato, in caso di dubbi sulla gravità (ovvero contagiosità) dell'infezione lo isolava per una settimana e poi, dopo un nuovo esame della pelle, in caso di estensione dell'infezione, prescriveva un'altra settimana di isolamento. Per tutto tale periodo il malato veniva dichiarato impuro e non poteva tornare al suo accampamento se non dopo la guarigione e dopo aver fatto un bagno purificatore. Tali leggi, religiose e non mediche, danno alle parole un significato particolare: "non contagioso è l'equivalente di puro, mentre contagioso è l'equivalente di impuro". Ci troviamo per la prima volta di fronte al concetto di infezione e contagio, come da noi conosciuti, nel Levitico. In un passo di questo testo è chiaramente prescritto al malato affetto da una malattia della pelle la necessità/obbligo di presentarsi al sacerdote. Si tratta della dichiarazione obbligatoria di una malattia che chiameremo contagiosa, seguita da isolamento, dalla disinfezione del malato, degli oggetti e delle persone che ha toccato. La disinfezione veniva effettuata mediante abluzioni. Da quanto appena descritto si evince il concetto moderno di salute e igiene pubblica il cui scopo principale è quello di proteggere sia l'individuo che la collettività. I concetti di contagio, infezione, disinfezione e perfino di antisepsi intesi come li consideriamo oggi, erano già chiaramente descritti nei sacri testi e in particolare nel testo in cui viene descritta l'epidemia sopravvenuta per via del culto reso a Baal Peor.
Influenze della medicina ebraica Scuola medica salernitana
La scuola medica in una miniatura del Canone di Avicenna Influenze della medicina ebraica sono presenti anche nel territorio italiano, in Campania, e sono datate intorno al IX secolo d.C. A tale epoca risalgono infatti le origini della cultura medica nel territorio salernitano, con la fondazione della scuola medica salernitana.
La leggenda vuole che un pellegrino greco di nome Pontus si fermò nella città di Salerno e trovò rifugio per la notte sotto gli archi dell'antico acquedotto dell'Arce. Scoppiò un temporale e un altro viandante malandato si riparò nello stesso luogo, si trattava del latino Salernus; costui era ferito e il greco, dapprima sospettoso, si avvicinò per osservare da vicino le medicazioni che il latino praticava alla sua ferita. Nel frattempo erano giunti altri due viandanti, l'ebreo Helinus e l'arabo Abdela. Anche essi si dimostrarono interessati alla ferita e alla fine si scoprì che tutti e quattro si occupavano di medicina. Decisero allora di creare un sodalizio e di dare vita alla Scuola Medica Salernitana. Tale scuola ha rappresentato per molto tempo la sintesi perfetta delle conoscenze latine, greche, arabe ed ebree in ambito medico. La scuola fondava i suoi principi sulle teorie umorali di Ippocrate e di Galeno, tuttavia il vero e proprio bagaglio scientifico era costituito dall'esperienza maturata nella quotidiana attività clinica. Successivamente si aggiunse all'esperienza clinica una vasta cultura erboristica e farmacologica. In quell'epoca la città di Salerno aveva una posizione cruciale nel Mediterraneo, era infatti crocevia di scambi economici e culturali e dotata di un clima notoriamente salubre. Tutti questi fattori conferirono fondamentale importanza nella caratterizzazione della Schola Salerni, atipica per quei tempi anche per la sua laicità e l'apertura alle donne. La scuola era all'avanguardia per quei tempi, al suo interno si impartivano lezioni di logica, chirurgia ed anatomia, inoltre era previsto un periodo di tirocinio presso un medico più esperto. Con la nascita dell'Università di Napoli (XIII secolo), la Scuola cominciò a perdere via via importanza: il suo prestigio fu oscurato ben presto da università più giovani quali Padova e Bologna in Italia. Nonostante ciò l'istituzione salernitana rimase in vita per diversi secoli ancora finché, il 29 novembre 1811, fu soppressa da Gioacchino Murat in occasione della riorganizzazione dell'istruzione pubblica nel Regno di Napoli.
Personaggi di spicco
Mosè Maimonide Mosè Maimonide Mosè Maimonide (ebr. Mōsheh ben Maimōn; l'abbreviazione con cui è noto, Rambam, è una sigla di Rabbī Mōsheh ben Maimōn; arabo Abū 'Imrān Mūsā b. Maimūn b. 'Abd Allāh) è un filosofo, medico e giurista ebreo (Cordova 1135 - Il Cairo 1204). Attivo e celebre nella sua comunità soprattutto in quanto giurista, dovette sfuggire alle persecuzioni antiebraiche messe in atto dal dominio almohade in al-Andalus, ripiegando prima in Marocco, a Fez, e poi in Egitto, dove esercitò la medicina, anche alla corte del sultano, e resse insieme la comunità ebraica del Cairo, che gli conferì il titolo di nāgīd ("principe") degli Ebrei d'Egitto. Il suo pensiero rappresenta il più alto livello raggiunto dalla speculazione ebraica medievale. Tre sono le opere principali di Mosè Maimonide: un commento alla Mishnāh in arabo; un codice di diritto talmudico intitolato "Seconda Legge" (“Mishnēh Tōrāh”); un'opera filosofica dal titolo "Guida dei perplessi" (in ebraico con “Mōrēh nĕbūkīm”, tradotto dall'originale arabo “Dalāla al-ḥā'irīm”). Quest'ultima opera nasce da un tentativo di interpretazione della tradizione religiosa, così come si trova nella Bibbia e nel Talmud, in chiave filosofica, nello sforzo di conciliare l'ebraismo con Aristotele, la fede con la ragione. Maimonide apprese lo studio della Torà e del Talmud e l'amore alle scienze dal padre (giudice del tribunale rabbinico, matematico e astronomo); da altri maestri ricevette, successivamente, insegnamenti di storia naturale, filosofia e medicina. Nella cerchia del sultano, Maimonide salì in grande fama e nel suo lavoro di medico diede prova d'impegno appassionato. A tale riguardo è utile citare una lettera indirizzata all'amico Samuel ibn Tibbon: «Essere curante del sultano è per me molto impegnativo. Lo vedo ogni giorno, già di prima mattina. Quando lui o uno dei suoi figli o una delle sue concubine si ammala, sono come prigioniero, passo quasi tutto il giorno a corte». Poi, rincasando, «trovo in attesa una rumorosa folla di pagani ed ebrei, di plebei e di nobili, di giudici e di mercanti, di amici e di nemici. Saluto tutti, mi lavo le mani e chiedo loro che mi diano il tempo di rifocillarmi. Indi salgo a visitarli e a prescrivere le medicine che reputo convenienti e lavoro fin tardi». Il Maimonide che guida i perplessi verso la verità è lo stesso che indica a tutti la «Guida della buona salute», dedicata al sultano al-Afdad, figlio del Saladino. In tale opera, fra le sue tante d'argomento medico, situata nell'ambito di una medicina d'élite, vi si legge un'apertura a più vaste fasce di utilizzatori, poiché gli stili di vita consigliati costituiscono modelli esemplari largamente imitabili. Egli scrive: «Il medico tenga lontane dall'infermo le stimolazioni psichiche e le oppressioni dello spirito (oggi noi diremmo lo stress) poiché in tal modo si allunga la salute del sano, il che deve precedere la cura del malato. La priorità è “prevenire”, che non rappresenta assolutamente un primato. Infatti, rispetto alla terapia, la prevenzione viene prima, pre-viene. Per essere buon medico bisogna innanzitutto difendere la salute, prima che aggredire la malattia; e per essere buon medico del corpo bisogna esserlo anche e soprattutto dell'anima: per guarire i mali di questa bisogna essere filosofo, virtuoso, ispirato dal concetto della virtù come armonia etica, come dottrina della "medierà". Ciò si evince maggiormente se si analizza il termine medicina: non deriva forse da “medietas”, teoria della giusta misura?».
La medicina maimonidea è una teoria dell'armonia e una pratica della moderazione che guida il buon medico lungo la strada maestra e mediana e che lo tiene lontano dagli opposti estremi, ambedue pericolosi, dell'interventismo farmacologico-chirurgico e dell'astensionismo terapeutico. È, soprattutto, una guida per ogni uomo perché viva con giustezza, lontano da eccessi dannosi e, auspicabilmente, da penurie e privazioni.
Paul Ehrlich Paul Ehrlich Premio Nobel per la medicina 1908 Paul Ehrlich (Strzelin, 14 marzo 1854 – Bad Homburg, 20 agosto 1915) è stato un medico tedesco e scienziato che ha lavorato nel campo dell'ematologia, immunologia, e della chemioterapia antimicrobica. Egli inventò la tecnica precursore di colorazione di Gram dei batteri che per primo gli permisero di distinguere tra i diversi tipi di cellule del sangue, portando alla capacità di diagnosticare numerose malattie del sangue. Un contributo molto importante per la medicina fu la scoperta dell'arsphenamine (Salvarsan), il primo trattamento medico efficace contro la sifilide, dando così avvio e definendo il concetto di chemioterapia. Paul Ehrlich avrebbe potuto diventare un pittore o uno stilista, data la sua passione per i colori. Questa passione si concretizzò solamente in parte, infatti decise di diventare un medico, ma inserì i colori, in particolare la teoria e la pratica delle tecniche di colorazione delle cellule e dei tessuti biologici. Ehrlich osservò che i coloranti avevano impregnato in modo stabile e selettivo alcuni tipi di tessuti rispetto ad altri, iniziò quindi a convincersi che l'affinità tra colorante e tessuto dipendeva dalla loro conformazione chimica, in particolare le loro molecole combaciavano come una chiave con la propria serratura. Il giovane Ehlrich elaborò allora una teoria, sintetizzata nell'espressione latina divenuta celebre: corpora non agunt nisi fixata. Una sostanza chimica può produrre diversi effetti biologi (nutritivi, tossici, curativi, cromatici) solo se la cellula è in grado di accogliere la molecola. Ciò che è in grado di ricevere la sostanza verrà denominato da Ehlrich 'catena laterale' o 'recettore'. Grazie a queste elaborazioni riuscì, nel 1897, a dare un contributo decisivo al gruppo di Behring che stava lavorando sul siero antidifterico, creando un metodo in grado di determinare l'esatta quantità di siero necessaria per un efficace trattamento. Ehlrich, nel 1896, fu messo alla guida di un nuovo centro di ricerca (a Berlino prima e a Francoforte poi). Qui Ehlrich poté dedicarsi alla sua teoria, che richiedeva un enorme numero di verifiche sperimentali. Si convinse che quando la ‘catena laterale’ di una cellula veniva occupata da una sostanza estranea non è più in grado di svolgere la propria funzione fisiologica, da qui spesso si avvia un processo patologico. Tuttavia alcune cellule del sangue sono in grado di sviluppare altre ‘catene laterali’ e inglobare altre sostanze estranee fungendo da anti-tossine e anticorpi. Questa teoria (in seguito parzialmente confutata) aprì le porte alla moderna immunologia e farmacologia e valse a Ehlrich, nel 1908, il premio Nobel. È curioso che, quando Ehlrich ricevette il Nobel non aveva quasi cominciato la ricerca che lo avrebbe condotto alla sua scoperta più importante.[17] Ehlrich era alla ricerca della ‘pallottola magica’, ovvero una sostanza in grado di entrare nell'organismo malato e distruggere l'agente patogeno senza danneggiare l'organismo.[18] Dopo la scoperta del batterio responsabile della Sifilide, Ehlrich era alla ricerca della pallottola magica in grado di distruggerla. Contro la Sifilide, da secoli, era utilizzato l'arsenico con buoni risultati, che aveva tuttavia effetti altamente nocivi sull'uomo, così Ehlrich e i suoi collaboratori cercarono dei derivati dell'arsenico non dannosi per l'uomo. Dopo numerosissimi tentativi (oltre 500) non si era ancora arrivati ad un passo in avanti. La svolta, arrivò nel 1909, con Sahachiro Hata, che all'esperimento numero 606 trovò finalmente la ‘pallottola magica’ (magic bullet) in grado di combattere la sifilide. Questo derivato dell'arsenico, in commercio, avrebbe preso il nome di Salvasan. Con il successo iniziarono a piovere anche le critiche, infatti il Salvarsan era ancora altamente tossico, così Ehlrich e Hata si rimisero al lavoro e al tentativo 914 scoprirono il Neosalvarsan, efficace come il Salvarsan e molto meno tossico. Ehlrich è stato inoltre il fondatore e primo direttore di quello che oggi è conosciuto come il Paul Ehrlich Institute.
Curiosità Storiche sull’Odontoiatria
L’odontoiatria ha radici fin dalle antiche civiltà. L’importanza dei denti e di una dentatura sana, soprattutto importanti per masticare il cibo e quindi per la sopravvivenza e in qualche caso anche attaccare e/o diffendersi: avere denti malati significava soccombere e così nacque l’esigenza di trovare cure per il “mal di denti”.
L’Odontoiatria nella Preistoria
Nella preistoria praticamente la carie non era cosi dilagante grazie alla dieta basata su cibi che richiedevano una lunga masticazione e privi di zucchero. Ma, già con l’invenzione dei primi strumenti per macinare cereali per ottenere farine, la carie comincia ad essere più presente, sulla scorta dei vari resti trovati dagli archeologi. Secondo uno studio (Wikipedia ) del 2017 già nell’era dei Neanderthal (circa 130.000 anni fa) erano in uso i primi strumenti odontoiatrici rudimentali. Abbiamo le prime prove della pratica dell’odontoiatria già nelle antiche civiltà. Le prime prove documentali affermano che le prime otturazioni dentali risalgono a circa 13 mila anni fa e furono realizzate con bitume. Queste prove sono state trovate proprio in Italia. Ma, la pratica dell’odontoiatria risale invece a 9 mila anni fa. Altri studi sulle civiltà primordiali della valle del fiume Indo hanno trovato evidenza di trattamenti odontoiatrici praticati nel 7000 a.C. come nel caso dei reperti trovati al sito neolitico Mehrgarh, nell’attuale territorio del Pakistan, con dentature che presentavano delle vere e proprie otturazioni effettuate con una mistura di cera d’api e sabbia. Sempre nello stesso sito, sono stati ritrovati anche dei trapani ad arco, con punte piccolissime in selce, utilizzati per rimuovere la parte del dente cariata; il che fa pensare che tali trattamenti dentali fossero praticati da artigiani di perle e gioielli, sia per curare i denti, sia per praticare intarsi dentali estetici, in voga tra le classi benestanti della popolazione. Anche in Slovenia sono stati trovati resti archeologici con esempi di otturazioni dentali realizzate utilizzando la cera d’api risalenti a circa 6500 anni fa.
L’Odontoiatria nelle Civiltà Antiche
In un antico testo sumero si fa riferimento ad un “verme dei denti” quale causa di carie dentale, e questa convinzione dell’esistenza di un verme dentale si riscontrano anche nelle culture dell’antica India, Egitto, Giappone e Cina. Addirittura, ancora nel XIV secolo d.C., il chirurgo francese Guy de Chauliac sosteneva la teoria secondo la quale i vermi fossero la causa primaria delle carie. Nel XVIII secolo a.C., il Codice di Hammurabi, primo reperto di testo legislativo del periodo mesopotamico – babilonese, fa riferimento in un paio di occasioni all’estrazione dentaria, ma intesa come punizione. Nell’antica Grecia invece Ippocrate e Aristotele scrissero di odontoiatria, descrivendo la sequenza di eruzione dei denti, e i metodi di trattamento di denti cariati e malattie parodontali, arrivando a descrivere come estrarre i denti con l’uso di pinze e come ricorrere a fili per stabilizzare denti mobili ed ossa fratturate. Con il passare dei secoli, i denti sono diventati indicativi dello stato di salute di un individuo, ma anche del suo stato sociale, economico e culturale. Una dentatura sana corrispondeva (e ancora oggi, fino a un certo punto) ad un buono stato di salute e ad una classe sociale agiata. Al contrario, la mancanza di denti o una dentatura non curata, caratterizzava gli strati più poveri della società. L’odontoiatria già nelle antiche civiltà, era considerata di fondamentale importanza per la salute.
Le Cure Dentali nell’Impero Maya
L’impero Maya si sviluppò tra il 750 a.C. e il 1697, quando la civiltà Maya fu decimata dai colonizzatori spagnoli. In 2000 anni di civilizzazione, i Maya studiarono la matematica, l’astronomia, e anche l’odontoiatria. Risale infatti ai tempi dell’Impero Maya il primo impianto dentale, costituito da un pezzo di conchiglia intagliato e inserito nell’osso mandibolare, per sostituire un dente mancante. Pare che i Maya non soffrissero molto di carie, ma consideravano i denti importanti esteticamente. Vari ritrovamenti dimostrano che abbellivano il loro sorriso con pietre preziose. I denti venivano forati e le gemme incastonate utilizzando resine naturali. La procedura doveva essere dolorosa e si suppone che utilizzassero la pianta di coca come anestetico.
Le Cure Dentali nell'Egitto dei Faraoni
Gli antichi egizi furono i primi a distinguere le cure mediche generali dalle cure odontoiatriche. La prima scuola odontoiatrica nasce infatti nell’antico Egitto. Il primo dentista della storia si chiamava Hesy-Ra; visse intorno al 2700 a.C. ed era il dentista del faraone Zoser. Gli antichi egizi pare non soffrissero molto di carie, ma piuttosto di problemi dentali legati alla presenza di sabbia nei cibi, cosa che causava usura dei denti. Dagli esami effettuati sulle mummie, pare che gli antichi egizi soffrissero di malattia parodontale, con conseguente perdita di denti. Una dentatura sana era importante nell’antico Egitto, al punto che venivano realizzate protesi dentali per ripristinare i denti mancanti. Il metodo di fissaggio delle protesi consisteva nel forare i denti facendo passare dal buco un filo d’oro, con il quale fissare denti, realizzati in osso o avorio, agli altri denti. È molto probabile che questo trattamento venisse effettuato post-mortem, perché gli antichi egizi ci tenevano molto ad apparire in perfetta forma una volta arrivati nell’aldilà.
Le Cure Dentali nella Civiltà Etrusca
Gli Etruschi erano eccellenti orafi e grazie a questa loro abilità realizzavano delle protesi dentali di tutto rispetto, che si possono ammirare presso il museo di Volterra. Pare che gli Etruschi impararono questa tecnica dai Fenici, per poi perfezionarla. Le protesi dentali etrusche venivano realizzate utilizzando denti estratti, o in molti casi anche lo smalto dei denti di grossi animali domestici o conchiglie, che venivano successivamente intagliati e legati con bande o fili d’oro per agganciare le protesi agli altri denti. Gli etruschi utilizzavano i fili d’oro anche per fissare e dare stabilità ai denti mobili a causa della malattia parodontale, realizzando così quello che in moderna odontoiatria si chiama splintaggio.
Le Cure Dentali nell’Antica Roma
Gli antichi romani, pur avendo raggiunto altissime vette nello sviluppo della società, pare non tenessero granché alla cura dei loro denti. Quando un dente era malato, veniva estratto e, se si apparteneva ad un ceto medio-alto, veniva sostituito con protesi dentali. Plinio il Vecchio, nel suo trattato “Naturalis Historia” del I secolo d.C., parla di vari rimedi per i problemi del cavo orale. Contro la gengivite consigliava sciacqui con aceto e verbena, ma suggeriva anche di chiedere ad una rana, al chiaro di luna, di far passare il dolore in caso di mal di denti. Plinio il Vecchio ci fornisce anche unaprima ricetta di dentifricio a base, tra gli altri ingredienti, di cenere di testa di lupo, gusci d’uovo e pietra pomice, ma non parla di spazzolino da denti, quindi si presuppone che questa mistura abrasiva venisse passata sui denti con le dita. Gli antichi romani davano molta importanza ai denti bianchi ed era usanza utilizzare un sistema di sbiancamento dentale naturale: gli sciacqui a base di urina.
Le Cure Dentali nel Medioevo
Nell’Europa medievale, tra il 1300 e il 1500, le élite erano consapevoli dell’importanza di mantenere i propri denti puliti e avevano anche dei liquidi che aiutavano a farli rimanere più bianchi. Molte volte ci si rivolgeva al Barbiere-Chirurgo. La figura del Barbiere-chirurgo era quella di un tuttofare: estraeva i denti, eseguiva piccoli interventi chirurgici, ricomponeva le fratture, applicava le sanguisuga e tagliava barba e capelli. Avevano esposto fuori dal loro negozio il tipico palo con le strisce bianche e rosse. Un simbolo nato nel 1163, durante il concilio di Tours, papa Alessandro III vietò ai religiosi di praticare i salassi, da quel momento, fino alla nascita della chirurgia moderna, furono proprio i barbieri ad offrire quel servizio e i pali esposti nacquero per segnalare questi servizi e non quelli di barba e capelli. In origine, il rosso simboleggiava il sangue e il bianco le bende poste ad asciugare, il palo in sé era l’asta che i pazienti dovevano stringere per rendere con lo sforzo le vene più visibili al barbiere e consentirgli di applicare le sanguisughe per il salasso, il pomello in ottone, in alto, era invece richiamo al vaso in cui il sangue veniva raccolto – prima del 1307 si usava mettere fuori dalla bottega del barbiere un boccale con il sangue dei clienti, per pubblicizzare tali attività e attirare l’attenzione dei passanti, a quell’anno risale una legge che ne impediva tale pratica, una volta per tutte, sostituendola con il simbolico palo che noi tutti conosciamo. Per curare la carie, i barbieri-dentisti, di solito estraevano il dente malato, ma sapevano anche come otturarli e creare denti finti da denti umani o ossa di bue. Paradossalmente, in passato, la gente povera aveva denti in condizioni migliori rispetto ai ricchi, perché lo zucchero era quasi del tutto assente dalla loro dieta. Le persone credevano fortemente nei rimedi tradizionali, se ad esempio nel medioevo avevi mal di denti in Germania, per curarlo ti sarebbe stato chiesto di baciare un asino.
Nel 1498, in Cina, venne inventato il primo spazzolino con le setole. Le setole naturali, erano ricavate dai peli della parte posteriore del collo del maiale. I peli del maiale sono stati utilizzati per ricavare le setole degli spazzolini fino al 1938, anno in cui vennero sostituiti dalle setole in nylon. Gli spazzolini di oggi contengono circa 2.500 setole di nylon raggruppate in 40 ciuffi.
Le Cure Dentali dal XVIII sec. ad oggi
Il primo presidente americano, George Washington, era molto famoso anche a causa della sua dentiera. Sebbene molte persone credessero che la dentiera di Washington fosse fatta di legno, non è così. Il legno non è un buon materiale per creare dentiere perché la saliva lo ridurrebbe col tempo a una polpa molle. Molto probabilmente era composta da materiali differenti, inclusi denti estratti da altri esseri umani e animali di diverso genere.
Nel 1839, la scoperta della vulcanizzazione della gomma, che poteva essere utilizzata per tenere ferma la dentiera.
Nel 1790 un chimico inglese iniziò ad effettuare degli esperimenti con protossido di azoto per calmare il dolore e notando l’effetto collaterale più conosciuto: l’ebrezza. Fu lui a dare a questo anestetico il soprannome di “gas esilarante”.
Nel 1873 la Colgate rilasciò il primo dentifricio industriale, al tipico sapore di menta che noi tutti conosciamo.
Nel 1882 inizia ad essere prodotto il filo interdentale.
Nel 1892 viene messo in commercio il primo tubetto spremibile.
Il XIX secolo è importante anche per quanto riguarda il progresso della strumentazione, nel 1871 James Beall Morrison brevetta il primo trapano meccanico, la sua azione era molto lenta così che l’otturazione poteva richiedere diverse ore per essere completata.
Nonostante gli Stati Uniti siano la patria del sorriso perfetto e dei grandi progressi in questo settore della medicina, la maggior parte degli americani non aveva l’abitudine di lavarsi i denti ogni giorno, almeno fino alla Seconda Guerra Mondiale. Ai militari mandati in guerra venne richiesto di spazzolarsi i denti due volte al giorno per mantenerli sani. I soldati portarono quest’abitudine nelle loro case e nelle loro famiglie, a fine conflitto.
Nel 1905 Un chimico tedesco scoprì la procaina, che chiamò lidocaina e traghettò i pazienti nell’era dell’odontoiatria senza dolore – per nostra fortuna. Dobbiamo aspettare gli anni ’60 per avere otturazioni più rapide, nel 1957 John Borden inventa un trapano ad alta velocità piccolo e maneggevole, capace di preparare in pochi minuti un dente per l’otturazione.